domenica 9 giugno 2013

Conclusione: un fiume in piena


Avanza come un fiume in piena il progresso biotecnologico: procede inarrestabile il suo percorso, supera gli ostacoli dello scetticismo, dell’incredulità e del pregiudizio.
 


Proprio come l’acqua permette agli organismi di vivere, crescere e riprodursi, anche il progresso delle biotecnologie ha salvato tante vite e tante ne salverà.
Come un fiume in piena a volte provoca dei danni e miete delle vittime. Questo non deve accadere: occorre costruire degli argini, cioè porre dei limiti a livello etico e giuridico.
Come un corso d’acqua di grande portata, se ben sfruttato, il progresso biotecnologico porterà benessere e prosperità.
La sorgente delle biotecnologie è rappresentata dalla domesticazione delle piante e degli animali. E' ancora un ruscello che scende tra le cime dei monti quando l’uomo inizia a praticare la selezione artificiale. Riceve l’acqua da alcuni affluenti come lo sviluppo dell’ottica e la costruzione del microscopio che permette al ruscello di aumentare la sua portata, così Pasteur comprende perché il mosto si trasforma in vino. E’ sempre allo scienziato francese che si deve la scoperta dei primi vaccini. L’acqua del torrente scende con maggiore impeto quando Fleming scopre che una muffa annienta i batteri responsabili di tante malattie. Da allora vengono prodotti a livello industriale gli antibiotici.
Grazie all’apporto di numerosi affluenti come la chimica, la fisica, l’elettronica e la biologia molecolare il progresso biotecnologico assume l’aspetto di un grande fiume: nella seconda metà del Novecento si verifica lo sviluppo dell’ingegneria genetica. Questa invade con la sua forza dirompente numerosi settori produttivi: il settore medico e farmaceutico, quello agro-alimentare (ad esempio con la produzione del Golden Rice), il settore tessile, quello bioenergetico e dello smaltimento e riciclo dei rifiuti.
Un  ulteriore aumento della portata si ottiene con il successo nella clonazione dei mammiferi nel 1996. Da allora il progresso biotecnologico ha visto lo sviluppo della ricerca sull’embriologia e sulle cellule staminali.
Il percorso non è terminato, sempre nuove sfide si prospettano all’orizzonte: la cura contro il cancro, la produzione di tessuti cellulari e organi per il trapianto, la lotta contro la fame nel mondo.
Considerando l’accelerazione effettuata dal progresso biotecnologico nell’ultimo secolo, penso che anche queste sfide potranno presto trasformarsi in successi scientifici.
 
E’ sempre utile ricordare il monito di Dante Alighieri espresso attraverso le parole di Ulisse nel XXVI canto dell’Inferno:
…fatti non foste a viver come bruti,
    ma per seguir virtute e canoscenza.”.
 
 
Altri link del blog:

Genetics & Comics


Some Superheroes who acquired their power as a result of a genetic mutation:

















sabato 8 giugno 2013

La clonazione dei mammiferi


Il termine “clonare” significa creare copie identiche di un organismo. Esistono cloni naturali che si originano spontaneamente in alcuni organismi, mentre i cloni artificiali sono quelli creati dall’uomo.
Inoltre abbiamo già parlato di clonazione di segmenti di DNA per la produzione dell’insulina o del’interferone.
In natura alcuni organismi clonano se stessi: gli organismi unicellulari come i batteri, che si riprodcono per scissione. Esistono anche cloni naturali di alcuni organismi pluricellulari quando si riproducono per via asessuata, come le planarie, alcune meduse, molti vermi e alcune piante come le fragole che producono gli stoloni (fusti orizzontali dai quali originano nuove piante).
 



Gli agricoltori e i giardinieri praticano spesso la clonazione delle piante effettuando le talee, le margotte e le propaggini.
L’ingegneria genetica non ha quindi creato la clonazione artificiale ma la ha resa possibile in organismi che non hanno la capacità di riprodursi per via asessuata, come i vertebrati.
E’ questo il caso della PECORA DOLLY, il primo mammifero ad essere clonato a partire da una cellula adulta (non da cellule embrionali). Gli scienziati del Roslyn Institute di Edimburgo, in Scozia, fecero nascere questo agnello il 5 luglio 1996.
 
 


La metodologia è piuttosto complessa ma cercherò di riassumerla in modo semplice e sintetico:
  • Si preleva una cellula da una ghiandola mammaria appartenente ad una pecora adulta di razza Finn Darset (muso bianco);
  • Da un’altra pecora (razza Scottisch Blackface) si preleva una cellula uovo e la si depriva del nucleo;
  • La cellula uovo priva di nucleo e la cellula mammaria si fondono attraverso la stimolazione di scariche elettriche;
  • La cellula uovo ora contiene il nucleo della cellula mammaria e comincia a dividersi per mitosi (come se fosse stata fecondata) formando un embrione;
  • L’embrione viene impiantato nell’utero di un’altra pecora (madre surrogata), che porta a termine la gravidanza;
  • Nasce Dolly che è geneticamente identica alla pecora donatrice della cellula mammaria da cui è stato ottenuto il nucleo, infatti presenta il muso bianco.




Naturalmente il successo della nascita di questo agnellino clonato giunse dopo innumerevoli tentativi falliti: tentarono 277 fusioni cellulari e da queste 29 embrioni si svilupparono, furono impiantati in 13 madri surrogate e soltanto una portò a termine la gravidanza. Dolly nacque dopo 148 giorni con il peso di 6,6 chilogrammi.
 
Il 14 febbraio 2003 dovettero praticarle l’eutanasia perché soffriva di artrite agli arti posteriori ed era affetta da un tumore polmonare provocato da un virus che infetta le pecore vissute a lungo il luoghi chiusi. Quindi paradossalmente Dolly si ammalò perché fu troppo coccolata e vezzeggiata invece di vivere in un ambiente naturale. A distanza di anni questa è la conclusione alla quale sono pervenuti gli scienziati che hanno studiato le patologie della pecora più famosa del mondo, smentendo così le voci secondo le quali questa fosse debole a causa della clonazione.

 
PERCHE’ CLONARE LE PECORE
 
La clonazione dei mammiferi al Roslyn Institute costituì  una parte di un progetto di ricerca finalizzato alla produzione di medicinali nel latte di animali da allevamento. I ricercatori sono riusciti a trasferire nelle pecore e nelle mucche i geni umani che codificano per la produzione di utili proteine. In questo modo gli animali possono produrre, per esempio, il fattore IX, un agente coagulante del sangue per curare l’emofilia, o la proteina alfa 1-antitripsina, per curare la fibrosi cistica.
Lo sviluppo della tecnologia della clonazione, che a partire dal 1996 è proseguita con numerosi altri mammiferi clonati, ha consentito di mettere a punto nuove tecniche di preparazione dei farmaci e di migliorare costantemente la comprensione dello sviluppo embrionale, delle cellule staminali e della genetica.

venerdì 7 giugno 2013

Il Golden Rice e il mais con l'insetticida incorporato


Desidero illustrarvi alcuni esempi sorprendenti di piante geneticamente modificate.

GOLDEN RICE

Questo riso è geneticamente modificato per contenere un’alta concentrazione di beta-carotene, che il nostro corpo converte in vitamina A. Il beta-carotene conferisce al riso il colore giallo oro.

 
E’ così possibile arricchire di vitamina A la dieta delle popolazioni che consumano molto riso, ma pochi altri alimenti, quindi carente di vitamine (circa la metà della popolazione mondiale). La carenza di vitamina A provoca una malattia chiamata VAD (vitamin A deficiency) a causa della quale ogni anno si verificano più di un milione di decessi infantili!







I “padri” di questo prodotto sono due scienziati: Ingo Potrykus e del Politecnico Federale di Zurigo e Peter Beyer della facoltà di Biologia di Friburgo. Dopo anni di lavoro, nel gennaio del 2000, i due scienziati pubblicarono i dati del Golden Rice su Science.
 



Il prodotto doveva ancora essere migliorato perché il contenuto di beta-carotene non era molto elevato.
Nel 2005 nei laboratori della Syngenta venne creato il ‘Golden Rice 2’, che produce 20 volte la provitamina A del riso d’oro originario.
La coltivazione di questo prodotto stenta a decollare per motivi legali. Potrykus da anni sostiene un progetto per distribuire gratuitamente il riso d’oro nei paesi in via di sviluppo, per garantire la sussistenza ai piccoli agricoltori. Tuttavia è risultata forte la resistenza di diverse aziende che avevano la proprietà intellettuale sul Golden Rice. Ottenere queste concessioni non è stato sempre facile, ma pare che a partire dal prossimo anno (2014) la coltivazione di questo riso possa essere effettuata liberamente in alcuni paesi, come le Filippine e il Bangladesh.


MAIS BT

Le coltivazioni di mais sono spesso colpite da un insetto temutissimo: la piralide (Ostrinia nubilalis). La larva di questa farfalla causa infatti, nei soli Stati Uniti e Canada, danni per miliardi di dollari ogni anno.







Nel Mais Bt è stato inserito un gene estratto dal Bacillus thuringiensis (per questo detto Bt)  per produrre una proteina tossica per questi insetti, la Cry 1Ab. Questa proteina danneggia l’apparato digerente delle larve della piralide causandone la morte. Non risulta invece tossica per l’uomo e per gli animali da allevamento. La coltivazione di questo mais permette di evitare l’uso degli insetticidi, con un notevole risparmio per gli agricoltori e la diminuzione dell’inquinamento ambientale che l’uso di tali prodotti provoca.

 

mercoledì 5 giugno 2013

L'ingegneria genetica nel settore agroalimentare


Le tecniche del DNA ricombinante utilizzate nel settore farmaceutico diedero il via alle applicazioni in diversi altri ambiti. Ebbero un notevole sviluppo nell’agricoltura per la produzione di piante più redditizie, puntando soprattutto al miglioramento delle seguenti caratteristiche:
  • frutti o semi con maggiore apporto nutrizionale;
  • aumento della resistenza al freddo o alla siccità;
  • aumento della resistenza agli insetti e ai microrganismi (in modo da limitare l’uso di insetticidi e antiparassitari);
  • incremento della resistenza ai diserbanti (per limitare il numero di trattamenti necessari ad eliminare le erbe infestanti).
Per inserire nuovi geni nei vegetali sono stati utilizzati due metodi molto diversi tra loro: l’utilizzo dell’Agrobacterium  tumefaciens e il metodo biolistico (biologico-balistico).
 

L’AGROBACTERIUM TUMEFACIENS 
Questo batterio è in grado di infettare le piante in zone in cui presentano ferite o abrasioni. Causa un’escrescenza anomala, paragonabile a quella tumorale presente negli animali. Questa patologia è nota come “galla del colletto”.
 

 
 

L’agrobatterio riesce ad infettare la pianta perché possiede il plasmide Ti (tumor inducing) che penetra nelle cellule vegetali dell’organismo ospite e si integra con il DNA della pianta. Il plasmide contiene diversi geni che, una volta “tradotti” dalla pianta, generano la galla e producono nutrienti (zuccheri) per il batterio, consentendone la crescita.
A partire dal 1983, utilizzando le tecniche del DNA ricombinante, è stato possibile creare delle versioni del plasmide Ti “disarmate”, cioè senza i geni che producono il tumore, ma in cui sono presenti i geni da inserire nella pianta. Sono state così prodotte piante geneticamente modificate o meglio ancora definite TRANSGENICHE per sottolineare il fatto che sono stati inseriti geni provenienti da altri organismi.
 
 

IL METODO BIOLISTICO 

Questo metodo prevede l’introduzione del DNA esogeno direttamente nel genoma delle cellule vegetali, usando come vettori di trasporto delle sfere di metallo inerte, come oro o tungsteno. Queste sfere vengono ricoperte da un filamento di DNA che corrisponde al gene di interesse. Le sfere così preparate vengono letteralmente sparate nelle cellule. La velocità impressa permette loro di oltrepassare la parete cellulare e raggiungere il nucleo.
Mote cellule colpite muoiono, altre subiscono l’ingresso della particella senza essere modificate. Alcune, però, incorporano il DNA esogeno, risultando così transgeniche.
Il mezzo di propulsione utilizzato è una specie di cannoncino, contenente un gas inerte come l’elio. Al suo interno si instaura una elevata pressione che, in seguito al repentino rilascio, imprime un’accelerazione alle sfere di metallo.
 
 
 
 
Cannone biolistico
 
 

Le piante geneticamente modificate sono attualmente coltivate in vaste aree del pianeta. La tabella e l’immagine che seguono illustrano la loro distribuzione mondiale.
 
 
 
 

Per ulteriori informazioni:

https://www.isaaa.org/resources/publications/briefs/44/executivesummary/default.asp
 

sabato 1 giugno 2013

I brevetti simbolo delle biotecnologie

Il brevetto per la produzione della penicillina:
http://www.google.com/patents/US2442141

Il brevetto del primo farmaco ottenuto con le tecniche dell'ingegneria genetica (per la produzione dell'insulina umana):
http://www.google.ge/patents/US4082613

Il brevetto del primo vaccino ottenuto con la tecnica del DNA ricombinante (contro l'epatite B):
http://www.google.com/patents/US5019386

L'insulina umana prodotta dai batteri


L’insulina è un ormone proteico prodotto da cellule, chiamate beta, che si trovano  in alcune  parti del pancreas: le isole di Langherans (da cui deriva il nome insulina). Questo ormone è indispensabile per regolare il metabolismo del glucosio dell’intero organismo. Gli individui affetti da diabete non producono questa proteina (o perlomeno non in quantità sufficiente). Quindi l’insulina viene loro somministrata quotidianamente. Occorrono grandi quantità di tale farmaco che, prima della scoperta dell’ingegneria genetica, veniva estratto dal pancreas di suini o bovini. Non essendo identica a quella umana, l'insulina di origine animale provocava nei pazienti numerosi fenomeni di intolleranza o reazioni allergiche, causando seri danni al fegato, alla vista e a volte anche la morte.
L’insulina umana è stata una delle prime proteine ad essere prodotte con la tecnica del DNA ricombinante, inserendo il gene umano in alcuni organismi unicellulari, ESCHERICHIA COLI (batteri Gram negativi), ottenendo così grandi quantità di insulina perfettamente identica a quella prodotta dagli esseri umani. L’introduzione sul mercato di questo farmaco ha sicuramente costituito un notevole miglioramento delle aspettative di vita di tutti i diabetici!
Venne realizzata per la prima volta nel 1977 dagli scienziati statunitensi Herbert Boyer e Stanley Cohen. La sua commercializzazione avvenne a partire dal 1982 con il nome HUMULIN dalla casa farmaceutica 'Eli Lilly and company' in collaborazione con la Genentech fondata dallo stesso Herbert Boyer. Fu il primo brevetto depositato per un farmaco ottenuto con le tecniche dell’ingegneria genetica e approvato dalla  U.S. Food and Drug Administration.

 
 
  
Ecco le tappe della produzione dell’insulina umana che ho sintetizzato in alcuni passaggi fondamentali:
1)   Il frammento del DNA che corrisponde al gene umano dell'insulina viene isolato attraverso diverse tecniche; la più efficace e rapida è quella che prevede la creazione del gene a partire dall’RNA messaggero, che si trova in grande abbondanza nelle cellule beta del pancreas di persone non affette dal diabete. La molecola di RNA messaggero costituisce una copia complementare del DNA che forma il gene dell’insulina. Con l’utilizzo di un enzima detto TRASCRITTASI INVERSA (estratto da alcuni virus), viene creata la copia di DNA complementare all’RNA messaggero. Si ottiene però solo un singolo filamento (mentre il DNA è costituito da una doppia elica o doppio filamento), quindi si inserisce un altro enzima detto DNA-POLIMERASI che crea il filamento complementare del DNA già presente. Alla fine di questa tappa abbiamo ottenuto un frammento isolato di DNA che corrisponde al gene completo dell’insulina umana.
2)    Il vettore usato per inserire il gene nel batterio è un PLASMIDE (piccolo anello di DNA presente nei batteri). Questo plasmide ad anello viene tagliato da un enzima detto ENDONUCLEASI DI RESTRIZIONE e mescolato con il DNA del gene. L’intervento di un altro enzima, il DNA-LIGASI, permette l’unione tra il DNA plasmidico e quello del gene dell’insulina. Il plasmide si ricompone ad anello comprendendo anche il gene nuovo.
3)    Il plasmide  messo a contatto con la cellula di Escherichia coli penetra al suo interno. Il DNA ricombinante diventa parte integrante del DNA del batterio, il quale inizia a riprodursi generando tante cellule identiche, tutte in grado di produrre l’insulina umana.
4)   Il numero dei batteri inseriti in appositi fermentatori aumenta in modo esponenziale, producendo molta insulina che viene estratta, purificata e confezionata.
 
 
 
 

Con questa stessa tecnica vengono prodotte molte altre proteine come l’ormone della crescita (precedentemente estratto dai cadaveri umani), l’interferone (usato nella terapia dell’epatite C), o alcuni vaccini di ultima generazione come quello dell’epatite B.